Chiedimi se sono felice
- Marco Iannelli
- Feb 7, 2016
- 4 min read

Era un pò che ci pensavo. Con insistenza.
Stamane mentre mi facevo la barba davanti allo specchio, tutto ad un tratto, finalmente me lo sono imposto. Prendendo coraggio, dal profondo dell'intimo, ho deciso.
Ho forzato una sorta di pudore personale che, da sempre, mi contraddistingue soprattutto nei momenti in cui devo prendere di petto il mio alter ego, la mia immagine, che la mattina sta impalata dinnanzi a me ad di là del vetro riflettente del bagno.
Ci vuole coraggio; grande coraggio e determinazione.
Anche perchè quel tizio, la mattina, è sempre nervoso.
Intrattabile, riluttante, ostico, a creare in qualche modo il giusto collegamento mentale. Una connessione virtuale cerebrale necessaria: prima a fargli recepire questa mia singolare esigenza, e poi per convincerlo a venirmi incontro per pormi, alla fine, la fatidica domanda.
Ed è allora che, vinta ogni resistenza passiva del tipaccio oscitante che avevo davanti a me, sono riuscito a partecipargli la fatidica domanda: "chiedimi se sono felice".
Sì, proprio così. Mi sono connesso mentalmente con quell'energumeno un pò panzuto dello specchio e gli ho finalmente veicolato telepaticamente, empaticamente la richiesta: "chiedimi se sono felice", ti prego, non voglio ripetertelo più: "chiedimi se sono felice".
Lui da lì ha compreso immediatamente la mia esigenza, che non stavo evocando un film commedia del 2000 del trio comico Aldo, Giovanni & Giacomo, diretto da loro e da Massimo Venier (è furbo, è scalto, è maledettamente pronto quando vuole, Dio quanto mi fa incazzare questo suo aspetto del carattere) però, come se niente fosse, non ha battuto ciglio ed ha continuato a fissarmi, imperterrito, con il rasoio bilama di plastica da quattro soldi in mano.
A quel punto, stanco, spazientito, con uno sguardo di malcelata sfida, ho preso una decisione inusuale alla mia età (le persone di mezza età si sa, sono paurosamente ed indecentemente prudenti) e, vista la situazione, non ho atteso oltre e la domanda me la sono posta da solo.
Ho raccolto le rimanenti forze che occhio e croce si possono avere, appena alzati, a quell'ora del mattino, e mi sono chiesto: "Marco, ma tu sei felice ?".
Dovendomi gestire questa cosa da solo (quel tizio continuava a non collaborare) ho allora pensato di fare le cose perbene e quindi, prima ancora di darmi una risposta, ho ritenuto necessario scorrere in rassegna prima le tante cose belle che mi affollano la vita.
Ho incominciato a ricordare a me stesso innanzitutto che ho due figlie stupende, intelligenti, critiche e, viva Dio, in buona salute.
Poi ho affrontato l'aspetto lavoro ed ho preso atto che un buon lavoro ce l'ho (ed in questo periodo, perdonatemi, ma è già un più che lusinghiero traguardo).
Di seguito ho affrontato la componente affetti ed amici ed anche lì ho potuto prendere atto che proprio non ero messo male.
Dopo una serie interminabile di minuti, in cui ho velocemente passato in rassegna tutti gli aspetti positivi della mia esistenza (ad un certo punto ho pensato addirittura che stessi per morire, visto che nei film si sente sempre dire che, nella fase finale della dipartita, le immagini della vita ti scorrono davanti agli occhi velocemente) ho concluso che, pur in presenza di una vita densa di tante cose belle, non potevo essere felice. Qualcuno, a questo punto, sarebbe stato portato a pensare che in questi ragionamenti del mattino qualcosa non quadrava (forse anche il tipaccio dello specchio che nel frattempo era rimasto, ficcanaso come è, comunque connesso mentalmente con me per vedere che piega prendeva la faccenda).
Sì, signori: pur in presenza di tante cose belle non riuscivo e non riesco ad essere felice.
Non riesco ad essere felice perchè in me alberga ancora una forma, seppur residuale, di altruismo, di umanità.
Non posso, non riesco da essere felice perché in questo Paese mi guardo sempre più spesso intorno e mi tocca vedere tanti, troppi giovani alla ricerca disperata di un lavoro dignitoso che forse, ahimé per loro, non arriverà mai.
Mi tocca purtroppo vedere tanta gente ammalata, o che si ammalerà di qui a breve, per colpa di qualcuno che ha barattato quel soffio di umanità che stringeva distrattamente nel pugno per del sudicio denaro.
Mi tocca vedere famiglie - che tali non possono definirsi - in quanto in esse, per indisponibilità economica, mancano dei figli o perchè manca addirittura un papà che ad un certo punto ha deciso di farla finita e di scendere da questo autobus sgangherato chiamato mondo perché avvilito dai debiti e dall'assenza di prospettive.
Per tutte queste e tante altre cose brutte che vedo intorno a me, NO signori, non posso essere felice.
Ed ora che la risposta me la sono data da solo non mi resta che girare le spalle ed incominciare la mia solita giornata (con la barba mezza fatta) sapendo che, dietro di me, anche se non lo vedo, il tizio dello specchio è ancora lì in piedi, in maniche di mutanda, con il rasoio bilama di plastica sempre in mano, e mi osserva un pò imbarazzato e tanto, ma tanto avvilito.
Anche lui ...

di Marco Iannelli

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