Il labirinto
- Marco Iannelli
- Feb 8, 2016
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Era una questione che, nell'ultimo periodo, lo impegnava non poco.
Paradossalmente lo teneva "in scacco" proprio nel momento della giornata deputato al riposo: la notte.
Tommaso questa faccenda l'aveva presa sul serio; davvero sul serio.
Il momento di mettersi a letto, di coricarsi, differentemente dalle altre persone che condividevano con lui lo stesso tetto, era divenuto, negli ultimi tempi, un qualcosa di tutt'altro che distensivo, di rasserenante.
Fra l'altro, dopo un po' che questa faccenda andava avanti, aveva sentito il bisogno di parlarne con la moglie la quale, in cuor suo, si era in qualche modo già accorta del particolare stato d'animo che assumeva il consorte all'atto di mettersi sotto le coperte la sera, ma ancor più nella controversa fase di risveglio del mattino.
Anche lei, osservandolo come solo le mogli apprensive sono in grado di fare, aveva notato il particolare stato d'animo sofferto, quasi contrito, che assumeva ogni santo giorno Tommaso all'atto in cui doveva cimentarsi con la ricorrente prova serale del sonno.
Quest'ultimo, parlandone con lei, le aveva alla fine spiegato (ma, forse, è più corretto dire che era stato costretto a dover spiegare compulsato dalla femminile preoccupazione che, sopra ogni cosa, può tutto) che, da un po' di tempo a questa parte, la sera, dopo essersi addormentato, si trovava calato, proiettato, in un sogno (sempre lo stesso sogno) nel quale si vedeva collocato, suo malgrado, alcentro di un complesso ed articolato labirinto dal quale provava, oniricamente, in qualche modo ad uscire.
Inizialmente aveva affrontato questo strano sogno in modo passivo, contemplativo, attendista.
Da un dato momento, il sogno arrivava puntuale ogni notte e lui, oscitantemente, occupava il tempo che il suo inconscio dedicava a questa strana, impegnativa, situazione per guardarsi con spirito contemplativo attorno, meravigliato di trovarsi ogni notte in questa irreale, strana ed inusuale forma prospettica.
Rifletteva, sempre in sogno (ma i tratti distintivi della situazione apparente vissuta erano ben delineati, intonsi, al risveglio del mattino), più sulla stranezza della situazione, piuttosto che sul fatto di doversi dare una qualche valida forma di spiegazione sulla natura e sulla ricorrenza di questo suo strano incubo.
Era comunque una situazione inspiegabile che lo impegnava mentalmente (e, perché no, anche fisicamente visto come si presentava al cospetto delle prime ore dell'alba) sia durante la notte, sia al risveglio del mattino nel momento in cui, ripercorrendo le fasi del suo rituale percorso onirico, provava, in qualche modo, a dare una giusta collocazione ad un qualcosa che, apparentemente, appariva tutt'altro che collocabile.
Con il tempo, considerato che la situazione ogni notte non si modificava affatto, aveva quasi imparato a convivere con siffatto impegno mentale notturno al punto che, da un po' di tempo a questa parte, aveva affrontato la faccenda del maledetto labirinto in cui si trovava calato, quasi come una sfida, quasi si trattasse di un gioco di ruolo.
La sera, sapendo cosa lo avrebbe inopinatamente atteso, salutava affettuosamente la moglie (sempre più preoccupata dalla piega che aveva preso la faccenda) e si poneva a letto con lo spirito, non di chi riconcilia la sua persona con la notte per riposarsi, ma con l'animo di chi va ad affrontare una prova impegnativa, lavorativa, potremmo dire quasi competitiva.
Nell'ultimo periodo, compreso nel suo animo che la cosa sarebbe andata, ahimè per le lunghe, aveva incominciato pian piano a sganciarsi da quel ruolo passivo all'interno del suo sogno per assumere, sempre più, una componente partecipativa.
Quando si materializzava la sua immagine al centro del labirinto illuminato da una flebile fiammella, anziché guardarsi attorno, aveva incominciato a gestire la cosa quasi fosse una sfida, una prova in cui dimostrare capacità, carattere, il cui obiettivo finale sarebbe stato quello di riuscire a vincere la forza occulta del labirinto per venirne fuori, dopo averne affrontato il tortuoso percorso; venirne fuori vittorioso e finalmente libero.
Ogni notte, quindi, si poneva a letto attendendo, come si suol dire, "al varco" il suo sogno e, una volta dentro di esso, incominciava la sua personale, intensa sfida con il labirinto per riuscire ad uscirne fuori. Fra l'altro, l'impegno messo era tale che, al mattino appena aperti gli occhi registrava, memorizzandoli, i vari percorsi compiuti compiacendosi, altresì, per i progressi che, in qualche caso, pian piano, aveva potuto fare per guadagnare un cerchio concentrico esterno in più che lo avrebbe avvicinato, fatto addivenire alla agognata via di uscita dal labirinto (e sperava da quella situazione).
Alla fine, la notte si era tramutata in una vera e propria sfida fra lui ed il suo labirinto quasi che quest'ultimo fosse dotato di una propria anima, una propria intelligenza. Più si avvicinava, con fatica, ai cerchi esterni prossimi all'uscita e più il labirinto lo costringeva a cimentarsi in percorsi complessi, articolati oltre ogni misura, quasi non avesse voluto mollare la presa in questa sfida, quasi vi fosse un disegno superiore che, in qualche modo, provava ad impedirgli di portare a compimento questo gioco.
Dopo notti e notti di tentativi, ma soprattutto dopo aver memorizzato al mattino i vari percorsi ed i progressi fatti nei giorni precedenti, quella sera si era posto nel letto consapevole di avere ben chiaro in mente la strategia, la strada giusta da percorrere per vincere, una volta per tutte, la sua personale sfida con il labirinto. Ripercorrendo a mente gli schemi memorizzati si era convinto che quella sera sarebbe stata la volta buona e che, finalmente, sarebbe riuscito a uscire dal labirinto vincendo l'epica sfida con quest'ultimo.
Chiusi gli occhi, come sempre, aveva preso sonno con impazienza e si era trovato nuovamente, punto e a capo, al centro del labirinto per una ennesima sfida. Questa volta, quasi avesse avuto una mappa ben delineata in testa del percorso da compiere, aveva iniziato a ripercorrere i vari cerchi di corsa, affannando, con crescente successo, guadagnando sempre più posizioni verso l'esterno. Stanco ma soddisfatto, ad un certo punto si era trovato dinnanzi all'ultimo varco che lo avrebbe portato, non già ad un cerchio ancora più esterno, ma al varco finale di uscita dal labirinto.
Posto con i due piedi ben piantati a terra sulla soglia di uscita aveva atteso qualche istante quasi a voler gustare fino in fondo la vittoria finale, ma ancor più a voler rimarcare, a quella parte umana del labirinto, che ce l'aveva fatta, che il vincitore alla fine della disfida era stato lui.
Attraversando lentamente la soglia del varco finale di uscita, che lo avrebbe condotto definitivamente fuori dal labirinto, era stato colpito da una luce intensa, calda, abbagliante, avvolgente che gli aveva impedito, per alcuni interminabili attimi, la visione dello scenario che, in tutta la sua novità, si sarebbe presentato di lì a poco ai suoi occhi. Aveva interpretato questo improvviso lampo di luce come una ulteriore, necessaria fase di quel gioco che appariva sempre più inspiegabile e senza fine.
Superati quegli attimi di esitazione visiva, dovuti alla intensa luce, aveva incominciato a mettere a fuoco alcune sagome che, con passo cadenzato e rassicurante, gli venivano incontro. Man mano che la luce si diradava, aveva incominciato a riconoscerne i volti avvertendo, nel contempo, una certa familiarità con quelle sagome umane che si avvicinavano. Ad un dato momento aveva riconosciuto sua mamma morta una decina di anni fa, una vecchia zia deceduta anni addietro in un incidente stradale ed il suo fratello maggiore morto all'età di 5 anni (di questa triste vicenda ne aveva sempre sentito parlare carpendone, con imbarazzo, i dettagli nelle discussioni fatte a bassa voce nei salotti di famiglia).
All'improvviso gli era chiaro tutto: l'uscita dal labirinto, nel caso vi fosse riuscito, avrebbe determinato la sua morte e la luce intensa, i suoi parenti defunti che erano venuti ad accoglierlo altro non erano che fasi del naturale passaggio dalla vita terrena a quella eterna.
Stupito più che mai, aveva capito cosa può accadere, molto spesso, a quelle persone che si addormentano una notte per non svegliarsi mai più.
Ma, sopra ogni cosa, aveva intimamente compreso, a sue spese, alla fine della sua personale competizione, che molte volte non è prudente, non è igienico, sfidare aspetti della esistenza incogniti ed inspiegabili, ma soprattutto tentare di averne caparbiamente ragione oltre ogni misura.

di Marco Iannelli

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