La scatola di legno delle perline colorate
- Marco Iannelli
- Feb 7, 2016
- 4 min read

Alessia, sin da bambina, aveva dimostrato di avere un animo semplice, contrariamente alle altre bambine della sua età la cui articolazione mentale, a tratti, poteva presentarsi problematica, complessa, a volte anche difficilmente comprensibile.
Attuava la sua interazione con il mondo esterno provando a soddisfare le sue personali esigenze di gioco con oggetti semplici, primari, che la vita le rendeva quotidianamente nella disponibilità e che chiunque altro, probabilmente, avrebbe provveduto semplicemente a gettare ritenendoli soltanto degli oggetti inutili, dei rifiuti.
Questo particolarità del suo carattere era stata molte volte oggetto di stupore e perplessità da parte dei suoi genitori i quali, per alimentare, e forse anche stimolare, la curiosità di questa bambina di dieci anni, avevano provato a sottoporre alla sua attenzione, alla suaacerba curiosità, giocattoli complessi, opportunità di divertimento articolate, alle quali ella puntualmente, con disarmante semplicità, soleva rifuggire.
Ponendosi con pacato, equidistante distacco da tutte queste variegate opportunità che i genitori le rendevano disponibili, la bambina (come usava chiamarla il papà all’atto in cui, con tono critico ed un po’ preoccupato, ne approfondiva con la moglie questo singolare aspetto del suo carattere) lasciava cadere con eloquente disinteresse quanto le veniva offerto per rifugiarsi in forme di gioco elementari, semplici, quasi primitive.
Non di rado i suoi oggetti di gioco preferiti risultavano essere, per fare qualche esempio, un rocchetto di legno per il cotone vuoto al quale imprimeva fantasiosi percorsi sulle trame del tappeto di casa, vecchie scatole di cartone colorate che in tempi migliori avevano assurto al rango di bomboniere per importanti ricorrenze di famiglia, piuttosto che irregolari sassolini colorati raccattati sulla battigia del mare nelle interminabili giornate estive.
In questo senso, una delle sue attività preferite – che sorprendentemente e puntualmente aveva la capacità di soppiantare appieno i giocattoli più completi e maggiormente in voga fra le bambine della sua età – era quella di infilare perline colorate. Questo genere di gioco era stato introdotto, per un caso fortuito, nella sua vita, nella sfera dei suoi passatempi, dei suoi giochi domestici di bambina.
Il suo papà, in occasione di un buon voto preso a scuola, per premiarla, l’aveva portata con se vicino casa nel più accorsato negozio di giocattoli per farle scegliere - fra il novero di realistiche bambole, stimolanti giochi di società e di ruolo, complesse ed ipertecnologiche consolle di videogiochi - l’oggetto dei sogni più sorprendente (e, con buoni proponimenti, più costoso) con cui avrebbe dovuto passare, secondo lui, gran parte della sua giornata a giocare.
In quella occasione Alessia, lasciando basito e forse anche un po’ preoccupato l’attonito commesso del negozio, aveva rifiutato una crescente serie di proposte di giocattoli (che una comune bambina avrebbe letteralmente strappato a piene mani dagli scaffali) per individuare in un angolo poco in vista del negozio una consunta e datata scatola di legno contenente perline colorate per realizzare elementari monili.
Aveva individuato immediatamente quel genere di gioco, fra centinaia di variopinti, mirabolanti, attuali giocattoli pur presenti sugli scaffali, quasi avesse saputo, da sempre, dove era stata riposta nel negozio anni addietro, quasi dimenticata, siffatta “ottava meraviglia” ludica.
In tal senso, il commesso, provando a fare al meglio il suo mestiere, in una inusuale intesa sorta estemporaneamente con il papà (quasi avesse ben compreso la stranezza d’animo della bambina), aveva provato a sottoporle, in un crescendo descrittivo pur senza alcun apparente successo, i più disparati e accattivanti giocattoli.
Rispetto a ciò Alessia, con lo sguardo completamente catalizzato in quell’angolo dimenticato del negozio, pienamente assorta rispetto alle spiegazioni ed alle proposte accattivanti che le pervenivano da ambo i lati (anche il papà, a dire il vero, faceva egregiamente la sua parte), già aveva deciso l’oggetto dei suoi desideri che si sarebbe, di lì a poco, portata a casa e che avrebbe riempito, in modo del tutto appagante, secondo il suo singolare minimalista modo di vedere, le sue personalissime giornate di giochi di bambina.
Ad un certo punto, lasciandosi alle spalle il commesso ed il papà – che, in una perfetta alternanza di ruoli, di volta in volta proponevano, accavallandole, estemporanee descrizioni di fantasmagorici giocattoli - con passo lento e cadenzato e con aria assorta, quasi in stato ipnotico, si era diretta all’angolo dove era esposta la scatola di legno di perline colorate per approfondirne il contenuto.
I due, ad un dato momento, senza rendersi immediatamente conto dell’improvviso allontanamento (tanto erano presi dalla concitazione del parlare), si erano ritrovati con al centro delle loro proposte descrittive, veicolate incessantemente a mo’ di fuochi incrociati, non più la bambina, ma solo i loro attoniti volti.
Alessia, raggiunto l’oggetto dei suoi desideri aveva preso con tutte e due le manine la scatola con le perline colorate e, con strani movimenti rotatori del capo (un po’ come fanno i pappagalli quando gli si prova a parlare), dopo averla guardata, girandola secondo ogni possibile angolazione, l’aveva stretta al petto a se quasi a voler sottolineare l’irrevocabilità della scelta ormai presa.
I due estemporanei sodali, compresa l’inutilità di ogni ulteriore attività di indirizzo verso differenti, e sicuramente migliori giochi, guardandosi l’un l’altro sconfitti, avevano atteso (quasi a confidare in un ultimo ripensamento) che la bambina passasse davanti a loro, con la scatola tenacemente stretta al petto, per accodarsi subito dopo ad essa in una sorta di virtuale processione laica diretta verso la cassa del negozio dove sarebbe avvenuta una transazione commerciale che, a dire il vero, avrebbe visto soddisfatti, per altri versi, due sole persone: l'acquirente ed il negoziante stesso che, finalmente, aveva avuto il modo di liberarsi di un giocattolo dato ormai per invendibile.

di Marco Iannelli

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