Voglio una vita normale
- Marco Iannelli
- Feb 7, 2016
- 5 min read

Superata la soglia dei cinquanta’anni è quasi naturale che si passi gran parte della giornata a riflettere, a fare bilanci sulla propria vita, a considerare la propria esistenza con animo critico provando ad individuare e discernere i punti di contatto con la realtà quotidiana, (quelli concreti, effettivi) che ci consentono di emozionarci ancora in qualche modo, da quelli posticci appuntati frettolosamente un po’, per intenderci, come i bottoni dei polsini delle camicie dozzinali da ipermercato i quali vivono sempre con spirito di accesa ribellione la loro condizione di insita costrizione fra il tessuto del polsino ed il filo di cotone della loro cucitura.
Si pensa, si pondera, si rimugina sulla propria vita non per un eccesso di tensione intellettuale di stampo ascetico, ma perché molto probabilmente, più concretamente, a quella età, le occupazioni giovanili non sono più agevolmente praticabili, iniziano seriamente a diradarsi e quindi, disponendo di più tempo libero, si entra nell’ottica di doverlo, comunque, occupare in qualche modo.
Se ci riflettete non sono considerazioni peregrine.
Se, infatti, nella vita di un uomo – stando sul terreno delle cose primarie - man mano ci incominciate a togliere il cibo (che, a detta dei più, fa male), qualunque ordine di sostanza alimentare liquida che non sia acqua (in primis gli alcolici), e gradatamente iniziate a diradareogni ordine di attività fisica (ivi comprese le naturali e pur umane pulsioni che autonomamente pongono in attrazione gli ombelichi degli individui sotto la soglia dei quali si articolano, particolarmente in giovane età, le migliori e più riuscite feste casalinghe) risulterà agevole per voi convenire con me che, alla fine, il tempo disponibile aumenta considerevolmente e per ineludibile esclusione (scartati gli impegni più interessanti e, come sempre, più deleteri) l’unica cosa che rimane che non può potenzialmente produrre danno e nuocere è, per l’appunto, pensare.
Nel mio caso (perché poi, alla fine della fiera, è lì che si va a parare) questo esercizio di meditazione, di riflessione è divenuto una piacevole costante nelle mie giornate (peraltro, è un passatempo oltremodo economico).
Non c’è mattina o pomeriggio che sia (ma, ahimè, questo esercizio prende oramai piede soventemente anche la notte…), che non mi accorga di essere assorto, impallato mentalmente, a riflettere sulla mia “condizione privilegiata” di cinquantenne.
Giusto per inciso, ritengo doveroso usare le virgolette sul termine “condizione privilegiata” in quanto, un individuo che è cascato con tutti e due i piedi nei cinquanta anni (quale sono, per l’appunto, io), pur con tutte le criticità proprie di questa età (non ve lo dico neanche), è una persona che è posta in una condizione di osservatore privilegiato rispetto a tali questioni in ragione del fatto che l’essere giunti indenni a tale età, testimonia un percorso di errori commessi, vissuti e soprattutto metabolizzati che ti consentono di avere una visione globale del mondo da una angolazione più che ottimale.
Ma tornando a noi, sulle varie questioni di cui discetto mentalmente in sacrale solitudine (non già per mancanza di compagnia, ma perché, credetemi, è bene, è più prudente, che l’oggetto delle mie riflessioni non giunga al di fuori della sfera dei miei pensieri) una che mi appaga particolarmente è il prendere coscienza del fatto che nella vita di ciascuno di noi non c’è nulla di più bello ed appagante che condurre una vita normale.
Sì, proprio così. Non prendetemi per matto, non date subito dello squallido a questi miei concetti.
Non ho sbagliato termine o astrazione, ho inteso proprio dire “vita normale” e non, come molti si sarebbero aspettati, vita speciale, vita straordinaria, vita fantastica, ecc.
La vita normale, a cui faccio riferimento io, è una condizione ottimale estremamente difficile da raggiungere, ma soprattutto da mantenere a lungo termine. Nelle vite normali trovano spazio, si agitano pensieri e situazioni difficili da mettere insieme e da far coesistere. Sono situazioni delicate, instabili, mutevoli, bizzose, indisciplinate.
Nella vita normale, cui faccio riferimento io, ci sono dei normali rapporti familiari, c’è una casa normale da vivere in armonia con una moglie o compagna che sia che, normalmente, ti voglia semplicemente bene (non è richiesto di più), ti stimi, si prenda cura, si interessi di te con animo gioioso, con un sentimento spontaneo di privilegio e non già con un senso plumbeo d’incombenza. Ti consenta, all’atto in cui incroci il suo sguardo, di trovare, sempre, in ogni momento, occhi vivi, luccicanti che esprimano un qualche significato in termini di attrazione, appagamento, riconoscenza rispetto a ciò che la vita ha inteso riservarle.
Nella vita normale, cui faccio riferimento io, ci sono dei figli con i quali poter intessere un fitto, amorevole dialogo quotidiano e con i quali riuscire – camminando con i piedi nelle loro orme, lasciate nel percorso della vita – a non perdere mai la strada giusta per rimanere, in qualche modo, con tutti e due i piedi piantati nel futuro.
Nella vita normale, cui faccio riferimento io, c’è un lavoro stabile, regolare, interessante, stimolante. Ci sono dei rapporti franchi e leali con dei colleghi verso i quali si possa determinare, perché no, anche un normale rapporto di stima ed amicizia che ci faccia perdere di vista, anche solo per un momento, che ciò che in quel momento si sta vivendo non è un impegno carico solo di responsabilità e di gravame. Che sul lavoro ci sono dei colleghi, con maggiori responsabilità (è brutto, riduttivo, penalizzante chiamarli Direttori), con i quali si possa intessere un rapporto di leale collaborazione che accresca dal punto di vista umano e professionale un po’ tutti.
In questa vita normale, cui faccio riferimento io, ci sono amici normali. Non scienziati da premio Nobel, ma persone che, al pari, intrecciano e ricercano anche loro una vita normale in comunione con la tua persona. Che hanno un piacere ed un interesse normale a frequentarti come un normale amico. Amici che, anche se a volte ti vedono come uno scrigno chiuso dalle difficoltà e dalle angherie della vita, per loro sarai e rimarrai sempre uno scrigno prezioso e ciò, indipendentemente, da quanto possa quest'ultimo di ricco contenere.
Nella mia auspicata (e quasi mai raggiunta) vita normale prendono corpo passatempi normali. Attività, impegni, occupazioni, che nella loro straordinaria normalità hanno il compito (ed il merito) di produrre nel mio animo distrazione, serenità, appagamento, arricchimento spirituale mettendomi in interrelazione con le altre entità umane dell’universo.
Ho provato a spiegarvi, a rendervi partecipi, in qualche modo, su cosa è per me una vita normale e forse adesso vi apparirà più chiaro (e probabilmente incomincerà ad intrigare anche a voi la faccenda) perché non chiedo una vita speciale e mi accontento viceversa di una vita straordinariamente normale.

di Marco Iannelli

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